Il fermodellista che non si è mai fermato
La sua passione sono le locomotive svizzere in scala H0 e quelle straniere che fermavano a Chiasso e Basilea, ma Roberto Cavadini ha anche molte altre storie da raccontare.
“Oggi il mondo del modellismo ferroviario non può più essere pensato come un gioco. Per realizzare e programmare un circuito occorrono competenze elettroniche e digitali. Serve un continuo aggiornamento per riuscire a trovare le soluzioni più adatte”. Roberto Cavadini ha incontrato il mondo dei “trenini” quando era un bambino e non lo ha più lasciato, anche ora che è in pensione. Anzi, è diventato uno dei soci storici del Club degli Amici Ferromodellisti Chiasso.
“La prima locomotiva mi venne regalata a sette anni - ricorda Cavadini -. La desideravo tantissimo e mi ricordo che era una 3000 Märklin con un vagoncino rosso che si ribaltava e due vagoni piatti sui quali caricare sassolini. Viaggiava su un circuito ovale con un piccolo scambio, penso di averlo consumato!”.
Arriva l’adolescenza, il motorino, i primi amori, ma Cavadini, quando esce un nuovo modello corre a prenotarlo, e soprattutto in inverno continua a lavorare per ampliare il suo circuito.
Negli anni ha specializzato anche la sua collezione in H0: “Oltre alle locomotive svizzere, colleziono quelle straniere che facevano sosta a Chiasso e Basilea”.
Assieme al collezionismo, con il tempo è cresciuta anche la passione per la costruzione di plastici. “Ho cominciato per gioco - ricorda Cavadini - Usavo carta da giornale e colla bianca, poi il gesso, poi materiali sempre più leggeri. Li facevo per me, poi sono entrato nel Club e ho iniziato a scambiare idee e conoscenze”.
Cavadini negli anni è passato dai circuiti a corrente alternata a quelli in continua e la sua passione per il modellismo si estende anche alle auto radiocomandate: “Mi affascina tutto ciò che è la realtà in miniatura”.
La sua preferenza nei plastici va ai paesaggi alpini: “Ti danno più possibilità di usare la fantasia: gallerie, ponti, villaggi. Quando vado in giro resto sempre attratto dai particolari. Se salgo sulle ferrovie retiche mi appunto tutto ciò che vedo per poter essere preciso al massimo nella riproduzione in miniatura”.
Si può trasmettere la propria passione per il fermodellismo alle nuove generazioni?
“Finché non si prova è difficile capire se una cosa ti appassiona. Il mio consiglio a chi si avvicina al modellismo ferroviario è di partire con una cosa semplice, per esempio programmando un semaforo digitale, per capire come funziona. Poi può succedere che la cosa ti prenda oppure che butti tutto nella scatola”. A Cavadini non è mai successo, e da oltre 60 anni coltiva la sua passione senza mai fermarsi, tranne che per salire sulla sua Yamaha 1300. Quello della moto è un altro sogno che ha realizzato, ne resta ancora uno nel cassetto: “Avere un bel giardino e poter realizzare un circuito di una scala superiore”.